SI alle piante vive o sintetiche, NO
alla logica dell’Usa e Getta.
La tradizione dell’albero di natale
affonda le proprie radici nei rituali solari pagani legati al culto del Sole
Invitto, la venerazione del sole quale divino ed invincibile propulsore di
vita terrena. L’usanza dell’addobbo dell’albero sempreverde si praticava in
concomitanza del periodo solstiziale, quando la luce comincia la rivincita sulle
tenebre, fino al solstizio di giugno, l’apice della supremazia solare. Anche
per questo, ad incarnare la vittoria della vita sulla morte, del bene sul male,
venne scelta l’essenza sempreverde per eccellenza, l’abete.
L’importanza simbolica di tale
rituale spinse in seguito perfino il cristianesimo ad adottare la festività, convertendola
e sostituendola con il più importante degli appuntamenti: la nascita di Cristo,
che venne infatti calendarizzata al 25 dicembre, in pieno periodo solstiziale.
Oggi invece, in piena epoca
materialista e consumistica, l’albero di Natale ha perso ogni suo significato
simbolico, degradato ad oggetto di consumo, accessorio o complemento d’arredo
per il solo periodo natalizio, di cui disfarsene come un normale rifiuto dopo
l’Epifania.
Sono milioni le piante che ogni
anno vengono commercializzate, volutamente senza radici, e quindi
inesorabilmente destinate al cassonetto. Parte di queste vengono piantumate “ad
hoc”, molte altre vengono invece, spesso illegalmente, strappate direttamente
dai boschi o peggio, segate dalle cime degli alberi più grandi e più belli, con
danni irrimediabili.
Quest’anno, anche le nostre
istituzioni, hanno voluto contribuire “in grande” a questa spietata pratica: è
stato infatti il Molise ad avere “l’onore” di donare l’abete che addobba piazza
S. Pietro a Roma; uno splendido esemplare di Abete Bianco, di circa 25 metri, segato ed
asportato dalla sua collocazione ormai centenaria di Pescopennataro,
Siamo consapevoli che il taglio
di un albero, benché di notevole mole, non può certo essere considerato una
catastrofe ambientale, ma il profondo significato simbolico che esso incarna,
avrebbe dovuto spingere i responsabili di tale scelta, a decisioni più sensate
e meno propagandistiche, magari con un rifiuto consapevole e ben motivato.
Il taglio dell’albero, eseguito
in pompa magna, con tanto di pubblico ed autorità compiaciute del privilegio
ottenuto dai vertici Vaticani, ci è sembrato in verità uno squallido rituale
funebre che poteva, anzi doveva, essere certamente risparmiato. Il solo
dispiegamento di uomini e mezzi della Protezione Civile (che dovrebbe avere ben
altri scopi e finalità….) per scortare il defunto albero nell’ eccezionale trasporto
dai boschi appenninici alla corte papale, si è trasformata nella solita pacchianata in stile
provinciale, di cui ci piacerebbe anche sapere chi si accollerà gli ingenti
costi.
Passata l’euforia delle
istituzioni, archiviata l’inascoltata e civile protesta dei tantissimi molisani
che, specialmente sul web, hanno promosso iniziative di sensibilizzazione allo
scopo di scongiurare l’abbattimento, resterà solo un discreto sperpero di
denaro pubblico ( circa 30.000 euro), qualche tonnellata di segatura derivante
dell’albero inutilmente sacrificato, oltre l’infondata illusione di un ritorno economico o turistico, come se poi le
migliaia di turisti che ammireranno l’albero in Piazza S. Pietro, chiedendosi da dove provenga, torneranno
in Italia a visitare il moncone del tronco dell’Abete papale del 2012 nei
boschi di Pescopennataro…..
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