28/08/09

PRIMI RISULTATI dell' INIZIATIVA “CITTADINO MODELLO 09"

I volontari di Fare Verde, unitamente a quelli dell’associazione Malatesta ed agli operatori del CDH (Centro Documentazione Handicap) di Campobasso stanno svolgendo una iniziativa di sensibilizzazione al rispetto della mobilità delle persone disabili consegnando delle simboliche “multe morali” a quegli automobilisti che, posteggiando le proprie automobili in maniera da impedire l’accesso alle rampe dei marciapiedi, oppure occupando impropriamente i parcheggi riservati ai portatori di handicap, dimostrano oltre che scarso senso civico, anche poco rispetto per chi è costretto a vivere e muoversi su una sedia a rotelle.
Oltre all’opera di sensibilizzazione, l’iniziativa, patrocinata dal Comune di Campobasso, si prefigge lo scopo di monitorare le anomalie presenti sul territorio in materia di barriere architettoniche (aree sprovviste di scivoli o di posti riservati, rampe ricavate all’interno di parcheggi a strisce blu, scivoli troppo ripidi per le carrozzelle, ecc..), ed effettuare quindi una mappatura delle situazioni dove è necessario intervenire quanto prima.
A poco più di un mese dal lancio della campagna, non mancano le sorprese: abbiamo infatti riscontrato che la cattiva abitudine del “parcheggio selvaggio” è molto più diffusa del previsto, tanto da arrivare a consegnare già oltre 250 multe ad altrettanti automobilisti, molti dei quali hanno dimostrato, con non poco imbarazzo, di avere imparato la lezione; altri invece, del tutto incuranti di tale problematica si sono dimostrati finanche infastiditi al ricevimento dell’ironico volantino apposto sul parabrezza dai volontari. Non pochi quelli che, dopo una rapida lettura, anziché riflettere sul proprio scarso senso civico, non esitano ad accartocciare e gettare via a terra il “Bonus ricevuto”.
Casi per cui sarebbe certamente auspicabile, e molto più efficace, applicare le sanzioni previste dalla legge ( è opportuno ricordare che l’ art. 158 del codice della strada prevede per chi ostruisce l’accesso alle rampe per disabili, oltre la sanzione pecuniaria, anche la decurtazione di due punti dalla patente).
Ma c’è da riscontrare anche che le cattive abitudini non appartengono solo a cittadini “comuni”: infatti tra le auto “pizzicate” fuori posto dai volontari, molte sono state quelle con contrassegni di vari enti ed amministrazioni locali; ancor più grave la perseveranza di alcune auto di servizio di noti esponenti politici, ormai candidati certi per la vittoria del premio “cittadino modello”!!!
Da segnalare infine la situazione che si viene a creare, soprattutto nelle zone centralissime, nelle ore serali e notturne, quando l’incalzare della “movida” trasforma il centro città in un autentico far west dove soprattutto i più giovani, pur di arrivare a pochi metri dal bancone del pub di fiducia, parcheggiano le proprie auto incuranti di scivoli, marciapiedi, divieti ed aree pedonali, forti anche dell’assoluta impunità derivante dalla totale assenza di controlli nelle ore più tarde.

Campobasso, 28 agosto 2009

26/08/09

"TRANSITION TOWN" SENZA PETROLIO ecco gli ECO-SOGNATORI ITALIANI

Chiudete gli occhi e immaginate un mondo senza petrolio, dove l’energia è pulita, gli orti producono tutta la verdura di cui si ha bisogno e i supermercati vendono solo cibi a zero chilometri (cioè, prodotti in zona). Poi riapriteli e guardate meglio: un mondo del genere esiste già, è ancora piccolo e imperfetto, ma sta muovendo i primi passi.
Monteveglio, cinquemila anime in provincia di Bologna, è la prima città italiana di transizione. I suoi abitanti si stanno facendo contagiare da un gruppo di ecosognatori che hanno aderito a “Transition town”, movimento nato in Irlanda nel 2005 e definito dal Guardian “un esperimento sociale su vasta scala”. Oggi in Europa, Giappone, Usa, Canada, Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda vivono persone che perseguono lo stesso obiettivo: convertire i centri abitati a un’esistenza ecologica che possa fare a meno del petrolio e dei suoi derivati. Tengono il conto dei barili di greggio estratti, sono certi che la decrescita economica ed energetica sia inevitabile, ma la vedono come un’opportunità. Non alzano la voce e non organizzano azioni dimostrative. Svuotano il mare con un secchiello.
A Monteveglio si praticano quei piccoli accorgimenti che possono migliorare la qualità della vita rispettando l’ambiente: orti in condivisione tra chi ha la terra e chi solo un terrazzo, patate in sacchi di juta per chi non ha spazio, giardini archeologici per specie ormai dimenticate. Chi non ha tempo o voglia di zappare sceglie l’agricoltura sinergica, suda all’inizio e poi guarda crescere, quasi da solo, il suo “orto pigro”. Sono decine le famiglie che aspirando all’autosufficienza alimentare riescono ad evitare i supermercati almeno per frutta e verdura. Altre si uniscono in gruppi di acquisto energetico e installano pannelli solari o impianti fotovoltaici. La vecchia tazza sbeccata, invece di essere buttata, viene affidata al mercatino del riuso che mette in contatto chi cerca e chi offre. L’euro esiste ancora, ma non sarà il solo denaro a circolare: presto potrebbe arrivare anche una moneta locale.
Cristiano Bottone, rappresentante del movimento, spiega che il contagio ecologista, partendo dal basso ha finito con il bussare in municipio: “Gli amministratori stanno lavorando a un piano di riorganizzazione energetica dell’intero paese. Stanno raccogliendo dati per capire quali sono i giorni, le ore e le strade in cui la dispersione è maggiore. Partiranno da lì per ridurre i consumi”. Tra i contagiati una fattoria biologica: “Il proprietario sta pensando di trasformarla in una realtà libera dai combustibili fossili”. Lentamente, passo dopo passo, in paese si sta diffondendo l’idea che si può vivere in un mondo più pulito. Basta darsi da fare.
Gli eco-sognatori di Monteveglio si sono innamorati di una filosofia nata a Kinsale in Irlanda dove insegnava Rob Hopkins, docente universitario e fondatore del movimento. Da qui l’idea di zone franche, sempre più oil free, è migrata gettando i semi al di là dell’Oceano.
Ad esempio a Sandpoint, cittadina dell’Idaho che ha dato i natali a Sarah Palin, la ex candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Mentre lei, in Alaska, faceva infuriare gli animalisti con una foto in cui la si vedeva accanto a un’alce abbattuta, i suoi concittadini coltivavano l’orto in cooperativa e si garantivano un’autosufficienza vegetale e biologica. A Bell, in Australia, i residenti si sono messi in testa di acquistare forni a legna e dicono che a guadagnarci non è solo l’ambiente, ma anche il sapore del pane. A Totnes, cittadina inglese nota negli anni ‘60 come meta hippy, abitano ancora oggi diverse comunità alternative che, insieme a cittadini più tradizionalisti ma comunque ecologisti, cercano di vivere senza combustibili fossili. Hanno cominciato con l’installare su ogni tetto dei pannelli solari e sono arrivati a introdurre una moneta, la Totnes Pound, che serve per acquistare prodotti rigorosamente locali.
“Totnes è diventata la mia seconda città – spiega Ellen Bermann, presidente del movimento in Italia -, ma anche da noi la transizione sta prendendo piede. Abbiamo meno di un anno, ma in questi mesi siamo cresciuti: sempre più persone visitano il nostro sito, partecipano agli incontri, s’inventano nuove pratiche oppure promuovono quelle avviate da realtà diverse, ma con i medesimi obiettivi”.
Molti dei transition townies – così si chiamano gli aderenti al movimento – sono iscritti ai Gas, gruppi di acquisto solidale, alle Banche del tempo e ad altre iniziative che considerano in sintonia con il proprio modo di vivere il presente e progettare il futuro. Tra di loro anche Jacopo Fo che, nella sua libera università di Alcatraz, ha ospitato uno dei primi incontri di transizione. D’altronde il padre Nobel si era già immaginato nel libro “L’apocalisse rimandata – ovvero benvenuta catastrofe” una società orfana del petrolio. Lo scambio d’informazioni – sono attivissimi su Internet con un sito wiki, cioè collaborativo – è infatti il primo passo per cambiare le comunità in cui si vive.
Per ora l’unica realtà italiana riconosciuta dalla rete internazionale è Monteveglio, ma gruppi guida sono nati a Granarolo, L’Aquila, Lucca e, ultimo in ordine di fondazione, Carimate in provincia di Bolzano. Altri si stanno organizzando in decine di comuni italiani tra cui Ferrara, Firenze, Mantova, Perugia, Reggio Emilia, Bologna, Bari e anche Palermo, Torino e Roma perché la “Transition town” non è una filosofia adatta solo a piccoli centri. Un esempio? Il quartiere di Brixton a Londra e l’intera città di Bristol.