Al di là dei mille cavilli formali, delibere, sentenze e così via, l'unico vero motivo di ostracismo verso questo progetto, è stato, per noi, l'impatto ambientale ed urbanistico che una simile opera può generare in una città come Campobasso, già duramente compromessa da una espansione sregolata, dalla cronica mancanza di un Piano Regolatore e dall'assoluta carenza di spazi verdi degni di questo nome.
Aver assistito alle recenti riunioni del Consiglio Comunale, a dire il vero molto più simili ad un mercato rionale che ad una assise civica, nonché le trionfanti conferenze stampa in cui si è esaltato l'elevato valore urbanistico, sociale, ambientale (?) di un palazzone di cemento e di un parcheggio, a fronte dell'ipotesi di un bel parco verde, ha generato un senso di impotenza e di sconfitta del buon senso, del bene comune e di ogni forma di partecipazione della società civile alle scelte vitali della città. Perché sia chiaro, la stragrande maggioranza dei campobassani non vuole l'edificazione dell'area dell'ex Romagnoli; se solo l'amministrazione comunale avesse avuto l'audacia di chiederlo, magari attraverso una consultazione referendaria cittadina, ne avrebbe avuto ampia dimostrazione. Ma sarebbe stata una bella rogna, quindi meglio evitare, e mascherare il tutto con una valanga di paroloni, luoghi comuni e, per dirla con le giuste parole, menzogne.
Perché parlare di "momento storico", "progresso della città", "alto profilo ambientale" (sia gentile, Architetto Carovillano, ci spieghi meglio questo concetto), "risparmio per i cittadini", suona come una grossa presa in giro che forse lava le coscienze degli amministratori padrini di questa scelta, ma offende le intelligenze dell'intera cittadinanza.
Dai palazzi della regione e del comune, tutti sanno, ma nessuno dice, che l'area sarà completamente saturata da pesanti interventi edili, nonostante le riduzioni volumetriche annunciate e promesse.. Di terra non ne resterà nemmeno un centimetro quadrato, e quando si parla di piazza attrezzata, in realtà devono intendersi strade, parcheggi, e nuovi edifici, al massimo addobbati con qualche vaso e qualche piantina, tra l'altro destinate a morire qualche settimana dopo il taglio del nastro e la foto ricordo con tanto di banda e Sindaco con fascia tricolore.
Il verde pubblico è un'altra cosa, un parco è fatto di terra e non di asfalto, dove poter piantare alberi per compensare il grigiore che impera in città, uno spazio dove delle auto non deve arrivare nè la puzza né il rumore, per consentire a bambini, anziani e cittadini tutti, di poter fruire di un angolo di città non racchiuso da carreggiate e guard rail..
Questa era la vera occasione storica per Campobasso, un tappeto verde che rappresentasse un vero biglietto da visita al centro della città, ed una nuova, bella e definitiva sede per la Regione in zona decentrata, per favorirne i collegamenti anche per chi viene da fuori città e decongestionare il centro urbano.
Tra l’altro, come a tutti noto, il progetto in itinere, non soddisfa affatto le esigenze dell’ente regionale che continuerà, anche con la nuova sede, ad essere costretta a sperperare denaro pubblico per la locazione delle tante sedi sparse in città che non troveranno posto nei nuovi locali.
Ma, come dice il proverbio, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e allora giù ancora con le accuse a noi ambientalisti di “portatori di interessi privati” o “nostalgici dell’età della pietra”.
La verità è che i parchi, gli alberi, la terra hanno un grave difetto: non smuovono interessi e fiumi di denaro come invece il cemento riesce a fare benissimo. Ed allora inutile perseverare con l'ipocrisia delle belle parole. Che la dicano tutta e palesemente: un progetto di 200 milioni di euro è un piatto troppo succulento da lasciarsi sfuggire, un affare che sfamerà generazioni di parenti, amici ed amici degli amici, e che garantirà lunga rendita a chi oggi, in un modo o in un altro, vuol metterci il proprio contributo per poter dire un giorno “c’ero anch’io”.
L’auspicio, e non volevamo arrivare a tanto, è che la crisi economica faccia la sua parte e che, unitamente alla conclamata inefficienza delle nostre amministrazioni a cui siamo abituati, ci porti tra vent’anni a vedere l’ex Romagnoli ancora come il campo d’allenamento di una squadra di Rugby, che tutto sommato, non ci dispiace affatto.
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